A lume di... lampione
Ci sono quei libri con cui il feeling nasce prima ancora di poterli sfogliare e leggere. Tra questi c’è sicuramente Il censimento dei lampioni di Carmelo Vetrano pubblicato da Laurana editore.
Complici il titolo dal fascino letterario e recenti ricordi di scuola (quando, da prof, con i ragazzi affrontai un testo che parlava dei mestieri di una volta e la nostra attenzione fu catturata proprio da quello del lamplighter, il lampionaio appunto), appena l’ho incrociato sui social ho deciso che quel libro l’avrei letto. Ho avuto anche il piacere di assistere alla sua presentazione presso la libreria Ubik di Taranto durante un’assolata mattinata di giugno potendo così anche apprezzare l’originale firmacopie ideato dall’autore.Ma veniamo al romanzo.
Iniziando dal titolo che
desta grande curiosità. Il censimento dei lampioni: ma come, esiste davvero?
Ebbene sì e l’autore ha saputo ben usare questo lavoro sconosciuto ai più per
farne il perno attorno al quale ha fatto girare una storia di legami e di
ricerca del sé.
Protagonista è Sebastiano,
figlio di una Puglia che almeno per una volta non fa da cartolina, che s’intravede
soltanto sbucando qua e là con i suoi ulivi ma niente di più, piuttosto si
connota come terra delle origini e come sede della lunghissima fila di lampioni
oggetto del censimento.
Sebastiano rientra dopo un
periodo all’estero perché c’è la sentenza di separazione da sua moglie Magda. E,
intanto che è a casa, ha l’occasione (anche questa una rarità) di lavorare per
la ditta Electric Sole come censore dei lampioni di strada. Coinvolgerà in
questo lavoro anche suo padre; i due formeranno una squadra incaricata di
controllare e compilare schede tecniche per ciascuno dei lampioni assegnati,
oltre mille ne conteranno alla fine.
A proposito del conteggio,
ogni capitolo scandisce l’avanzare del lavoro. Ci sono numeri identificativi e
tipologie di lampioni, pali più o meno malmessi, plafoniere bersaglio di truppe
d’insetti e agenti atmosferici e lampade più o meno funzionanti: scopri che
dietro a delle semplici luci lungo la strada c’è tutto un mondo. “Non si trattava solo di usura, ma di uso.
Chi usava i lampioni? Quali erano le loro vite? Come erano fatte le loro
giornate?”. Il protagonista anche li scopre ‘strada facendo’: “Alle lanterne, invece, per esistere bastava
un muro”.
Uno dei pregi del romanzo è
quello di riuscire a essere schematico senza essere monotono, minuzioso senza
risultare pedante.
Torniamo ai due censori,
padre e figlio, dal rapporto non troppo lineare e fatto di tanti silenzi. A far
luce letteralmente sulla storia sarà anche questa occasione lavorativa che li
vedrà fianco a fianco, non senza difficoltà e vecchie ruggini trasformate in
attriti. Il padre di Sebastiano ha lasciato la famiglia molti anni prima. A
complicare il tutto, la relazione intrapresa dallo stesso con Magda, l’ex
moglie del figlio.
Distanti nella vita, fianco a
fianco nel lavoro. Il tema della distanza (spaziale e temporale) è centrale nel
romanzo. A metri di distanza, sospeso nel cestello che lo avvicina alle lampade
stradali, Sebastiano rivive il suo recentissimo matrimonio fallimentare e, in
un alternarsi di livelli temporali, riaffiorano anche vecchi ricordi. E ci sono
anche nuovi incontri, come quello con Lisa e le sue ‘mappe dei giorni’ che
ispireranno Sebastiano per trasformare le schede in brevi narrazioni che
parleranno dei lampioni sì, ma anche di sé. Globi, pali, lanterne e plafoniere
finiranno per avere un’anima, mostrare caratteri attraverso indizi esteriori
come il grado di usura e resistenza alle intemperie, alcuni rivelandosi
stoicamente attaccati alla vita. Ed ecco allora la “plafoniera con il collo superbo”, la “lanterna dignitosa”, il “lampione
nudo e indifeso” e così via.
Le schede, appunto. Le
descrizioni tecniche sono minuziose, eppure evocative. Inizialmente quasi
referti clinici, andranno via via assumendo più spessore.
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