Covid, pensieri e parole

Scrivere per esorcizzare le paure. Oggi metto io mano alla penna. O, meglio, condivido quello che, nei mesi scorsi, mi ha dettato l'emergenza Covid. Una parentesi dolorosa che tutti avremmo voluto chiudere da tempo. E oggi che rimbombano le stesse parole, le stesse frasi e le stesse preoccupazioni, ho ripensato a quando tutto questo ha avuto inizio. Ed eccoli i miei pensieri, in sequenza.


A proposito di #coronavirus
Ve lo dico in 'versi' con parole mie


Se me l'avessero (pre)detto
Non ci avrei mai creduto
Se me l'avessero raccontato
Non avrei immaginato
Che un virus tanto potente
Avrebbe messo a repentaglio la vita della gente
Avrebbe stravolto il quotidiano
Impedendo persino le strette di mano
Sembrava uno scherzo di carnevale
E invece le mascherine ci ricordano di quel male
Sembrava un'influenza
Si è tramutata in emergenza
Vorremmo svegliarci tra qualche settimana
Con questa criticità ormai lontana
Con le scuole spalancate
E le bocche ravvicinate
Le persone che tornano a guardarsi negli occhi
Senza paura se per sbaglio mi tocchi
Per ora dobbiamo stare tutti in casa con serenità
Perchè 'a nuttata ha da passà
(Era il 10 marzo 2020)


In una bolla

In una bolla. Il mondo è lì, al di fuori. Ma i suoni sono ovattati. Appena percepiti. Le immagini poco nitide, distorte da una lente che si frappone tra gli occhi e la realtà. Gli odori faticano a filtrare. E per fortuna anche lo smog delle auto è diventato più estraneo all'olfatto. Quel che invece è diventato familiare alla vista è il quadro al di là della finestra. Incorniciato.
È la realtà da quarantena. Da quando il virus, ospite indesiderato, è entrato nelle nostre vite, senza bussare, le mura di casa sono state trasformate in confini invalicabili oltre i quali c'è il nostro passato e il nostro futuro. Ma il presente è indoor. E allora ti adatti.
E scopri (o riscopri) la finestra e tutto quello che contiene. Come un radar, vai in cerca di segnali di vita.
È domenica mattina. La prima settimana non l'avverti neanche la differenza. Calma piatta. È così tutti i giorni sul calendario che, impassibile, va avanti. Scorre a ritmo meno incalzante, forse, ma portandosi via compleanni, onomastici e anniversari, ricorrenze e festività.
È domenica. Oggi la differenza si avverte. Fin dal risveglio: il cinguettio dei passerotti invade la stanza attraverso l'amplificatore della finestra. Fa caldo. Tanto. E questo contribuisce a rendere il paesaggio una succursale del deserto. Non c'è un'auto in giro. E siamo in piena città. Non c'è un passante. Ti affacci per ascoltarlo quel silenzio carico di significato. Cerchi un varco per poter uscire dalla tua bolla. E, improvvisamente, eccolo. È il suono - 
in altre circostanze avresti detto il rumore - che arriva dalle case vicine. Non gente che litiga, che alza la voce. Semplicemente il contatto delle stoviglie sul tavolo. L'acqua del rubinetto che scorre. La sedia che si sposta e la mamma che chiama tutti a raccolta per il pranzo. È incredibile, riesci a sentire tutto questo! In un silenzio che pesa come un macigno le voci di fuori diventano le note della melodia della vita. Una musica rallentata, ma pronta a esplodere, e a riprendere e seguire il suo ritmo abituale. (Maggio 2020)


Senza repliche

Buio in sala. All'improvviso sei fermo, come paralizzato (dalla paura).
Da attore a spettatore. La senti addosso questa metamorfosi: nei movimenti rallentati, nelle parole misurate, perfino nei respiri che si fanno più profondi; e dietro questa fame d'aria si nasconde il digiuno di abbracci, l'astinenza dai baci. Eppure i tuoi affetti sono lì, a qualche fila di distanza, ma irraggiungibili. Il dramma a cui assisti ti gonfia gli occhi di lacrime. Vorresti poter salire sul palco, vestire i tuoi panni e fare la tua parte; riscrivere le scene e cancellare tutto quel dolore che ti scorre davanti agli occhi.
Seduto in platea, aspetti che questo lungo e inatteso intervallo finisca, che la tua esistenza riprenda il suo corso, che vada avanti. Che cali il sipario su questa malattia. Ma ti rendi conto che anche quel tempo è vita, vita che passa. E decidi di non arrenderti al virus che è entrato in scena cambiando il corso della storia. Spesso una maschera ci dice più cose di un volto, ricordi di aver letto questa frase e ora che la vedi appiccicata sul viso di chi ti sta accanto, ma a distanza, riesci davvero a cogliere ogni emozione, ogni segno: la stanchezza, la paura, la voglia di combattere, i sorrisi.
Ora tocca a noi. Tutti in scena! Si (ri)comincia!
Inizia il secondo atto, la chiamano fase. Poi il terzo. Sarà un successo. (Giugno 2020)

Commenti

  1. Con queste righe ho rivissuto questo assurdo periodo. Sei eccellente

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    1. Grazie! E speriamo di lasciarcelo presto alle spalle questo periodo

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