Un libro da Oscar
Dallo schermo alla pagina.
Per una volta, ho seguito il percorso inverso. A settembre 2019 sono andata al
cinema a vedere un film dal titolo bizzarro “Mio fratello rincorre i
dinosauri”. La storia, avevo letto, era quella realmente vissuta dal suo
protagonista, da lui e dalla sua famiglia. Una storia che era già diventata, prima
che film applaudito, un libro (edito da Einaudi) scritto in prima persona dal
diciannovenne Giacomo Mazzariol. Il titolo: “Mio fratello rincorre i dinosauri
– Storia mia e di Giovanni che ha un cromosoma in più”. Un caso editoriale, in
cima alle classifiche dei libri più venduti per oltre due anni, preceduto a sua
volta da un video cliccatissimo. Dunque, un successo annunciato. Ma non per
questo scontato.
Giacomo ha cinque anni e una
bella e affiatata famiglia composta da mamma, papà, due sorelle (Chiara e
Alice). Un giorno i genitori indicono una riunione familiare: in macchina,
all’interno di un parcheggio pressoché vuoto, sotto una pioggia scrosciante. E
annunciano di essere in attesa di un fratellino. Per Giacomo è una vittoria. E
il premio sarà proprio quel suo fratello col quale allearsi, vincere battaglie
familiari e crescere. Gli trova persino il nome: Giovanni, stessa sua iniziale.
Perfetto. E quando gli dicono che sarà speciale, che avrà qualcosa in più (un
cromosoma) la mente di Giacomo non può che elaborare l’informazione arrivando a
svelare l’arcano: il suo fratellino sarà un supereroe. Quindi, le infinite
domande sul perché Giovanni ha gli occhi così, perché reagisce in quel modo.
Fino alla scoperta della parola Down. E di quello che questa sindrome comporta.
Una malattia che spesso si tende però a trasformare in etichetta e ad
appiccicare addosso alle persone. Invece “Giovanni è Giovanni. Non la sua sindrome”. La storia del rapporto tra Jack e Gio e di come rapportarsi allo
stesso tempo con lui e con il resto del mondo (che per un adolescente
corrisponde alla scuola e ai suoi amici) avrà un andamento instabile: momenti
di sole si alterneranno a nuvole minacciose, con improvvise tempeste. Non sarà
facile, né scontato, superare la fase più buia. Ma anche per questo il momento
in cui Giacomo ritroverà la serenità e la complicità con suo fratello
riconoscendolo come reale supereroe sarà davvero splendente (“Le cose, con
Giovanni, da quando avevo iniziato a staccargli di dosso il codice a barre con
scritto Down erano migliorate parecchio”; “Andare in giro con Giovanni era come
camminare con una giornata di sole in tasca”, si legge nel libro).
Finita la visione, ho avuto una
gran voglia di applaudire. Di applaudire per prima alla storia. Ma anche al
cast degli interpreti (tutti), al regista. E agli sceneggiatori (tra i quali lo
stesso autore). E ora, dopo aver letto (con ritardo, forse, ma di buona lena)
il libro di Giacomo Mazzariol, quegli applausi si farebbero ancora più
fragorosi. Estesi a Giacomo e alla sua famiglia. Sono loro, con il loro essere
naif, genuini, a riempire lo schermo e le pagine. Pagine (e scene) ricche di
momenti di vita familiare, fatti di insicurezze, di incomprensioni, di affetto
e di risate e nei quali è facile riconoscersi. Raccontati senza retorica, anche
per questo autentici.
È un libro che non vuole dare
lezioni, ma che ti insegna tanto. Su quella che definiamo diversità (“Loro ridono
di noi perché siamo diversi, e noi rideremo di loro perché sono tutti uguali”).
E lo fa anche attraverso l’ironia. Ognuno ha la sua sindrome: non sai stirare? Allora
hai la stirosindrome.
Un libro che non nasconde
neanche le difficoltà del caso (“Non era matematica Gio, che una volta trovata
la soluzione è sufficiente replicare i passaggi […] No, lui era più basket […] dovevo
trovare il mio modo personalissimo di fare canestro”).
Ti insegna cosa vuol dire togliere
le etichette. Di ogni tipo: “Cominciai a togliere le targhette dai quadri e a guardare
solo le tele. Scoprii che non tutte le ragazze che ascoltavano Rihanna erano
vegane, e che potevano essere simpatiche come le altre. Né più né meno”. Sì,
perché funziona anche al contrario. Togliere le etichette vuole dire
riconoscere pregi e difetti. Non nascondere i secondi. Perché è vero anche che
“Arrabbiarsi con le persone a cui vuoi bene significa amarle”. E chi non ne ha
fatto esperienza?
Spesso capita di trovarsi di
fronte a storie di vita vissuta. Però capita anche di raccontarle – e di raccontarsele
– alcune storie attingendo al dizionario delle ‘mezze verità’. Invece la
scrittura di Giacomo Mazzariol è onesta. Fino a diventare scomoda, politically incorrect.
Il suo è un ritratto di
famiglia (senza fronzoli e cornici) al centro del quale spicca Giovanni. È lui
il supereroe del sestetto. E, leggendo il libro, si comprenderà bene come il
titolo di supereroe non sia un premio consolatorio (o ‘di consolazione’), ma un
riconoscimento, una medaglia guadagnata sul campo (della vita). E non si può
non empatizzare con Giacomo anche nel momento in cui, quasi per istinto, cerca,
da ragazzino, di ignorare il fratello pur volendogli un gran bene (ne
inorridisce lui stesso, divorato dal senso di colpa), lo stesso fratello sulla
cui nascita aveva puntato una vera fortuna. Al punto da spendere – lui che
aveva solo cinque anni e tanta voglia di conoscere il suo alleato in una
famiglia in cui imperavano le donne – più di dieci euro in peluche. È un libro
sorprendentemente anche ‘leggero’, cioè che lascia una sensazione di leggerezza.
E schietto. Come schietta ed efficace è la punteggiatura.
Quanto al rapporto tra il libro
e la sua trasposizione cinematografica, tra le due opere sembra esserci un
legame molto stretto. Avendo guardato prima il film, ad esempio, la scena
iniziale al parcheggio deserto, in macchina sotto la pioggia, la rivedi davanti
agli occhi leggendo le prime pagine del libro. E forse è proprio per questo che funziona lo scambio. Il film è
riuscito a portare sullo schermo quanto il libro già ‘mostra’. Non tradendolo.
E non è impresa facile. Forse, siamo
semplicemente di fronte a una storia bella (a volte gli aggettivi più semplici
rendono meglio l’idea) che ha dato vita a un altrettanto bel film. Quindi, per
una volta, finisce con un ex aequo. Ma l’Oscar lo vince sicuramente Giovanni. E il suo mondo meraviglioso nel quale, una
volta entrati, è difficile restarne fuori.
Solo leggendo la recensione mi sono emozionata le parole semplici sono arrivate dritte al cuore
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